Come funzionano i controlli esterni nelle imprese sociali

Un’analisi sui meccanismi ordinari e straordinari per promuovere la trasparenza e l’impatto sociale, alla luce dei due decreti del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che li hanno definiti

Le imprese sociali stanno guadagnando sempre maggiore attenzione nel panorama complessivo di attuazione della riforma del Terzo settore. Queste organizzazioni che, come sappiamo, possono avere varia natura giuridica, uniscono l’obiettivo di generare valore con l’intento di creare un impatto sociale positivo nella comunità in cui operano. Tuttavia, poiché le imprese sociali svolgono un ruolo cruciale nella promozione del bene comune, è fondamentale garantire che siano soggette a controlli adeguati, periodici e, possibilmente, non ostativi al pieno esercizio della libertà d’impresa, diritto che, come è ben noto, è tutelato nel nostro ordinamento fin dalla Carta costituzionale.

Le forme di controllo sulle imprese sociali sono contenute negli artt. 10 e 15 del dlgs 112/2017 e, in maniera del tutto simile a quanto previsto per gli enti del Terzo settore (Ets) possono essere classificati in controlli interni (art. 10) ed esterni (art. 15). Qui trattiamo dei controlli esterni che l’art. 15 indica assieme alle forme di monitoraggio e di ricerca.

Il sistema dei controlli esterni fa capo principalmente al Ministero del Lavoro e va subito ricordato come, per le cooperative sociali e le cooperative impresa sociale, permane una sostanziale invarianza del sistema di controllo già esistente e collaudato, che si continua a realizzare nelle modalità e nei termini di cui al decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220.

Per rendere effettivi gli strumenti di controllo esterno la riforma prevede lo svolgimento di attività ispettive la cui operatività viene demandata (art. 15 IV co.) ad uno specifico decreto attuativo del Ministro del Lavoro in cui sono definiti le forme, i contenuti e le modalità dell’attività ispettiva sulle imprese sociali, nonché il contributo a loro carico per lo svolgimento dell’attività stessa, contributo che viene versato al Ministero o, nel caso in cui l’impresa sia iscritta ad associazioni, all’associazione stessa-.

Nello stesso decreto sono individuati i criteri, i requisiti e le procedure per il riconoscimento degli enti associativi tra imprese sociali, e le forme di vigilanza su tali enti da parte del Ministero del Lavoro.

Per l’attuazione pratica dei controlli esterni, quindi, sono stati adottati due decreti ministeriali. Con il primo, il dm 29 marzo 2002 (pubblicato in Gu n. 100 del 30 aprile 2022), si definiscono le forme, i contenuti, le modalità, i criteri, i requisiti e le procedure per lo svolgimento dell’attività ispettiva; con il secondo, il dm 14 febbraio 2023 (pubblicato in Gu n. 76 del 30 marzo 2023) sono stati definiti i modelli di verbale per l’effettuazione delle attività stesse.

È bene ricordare che sono assoggettati ai controlli di cui ai decreti citati tutti gli Ets che abbiano la qualifica di impresa sociale compresi quelli in fase di scioglimento volontario o di concordato preventivo. Non sono soggetti al controllo invece gli Ets impresa sociale sottoposti alla gestione commissariale ai sensi dell’art. 18 co. 8ter del dlgs 112/17.

Le imprese sociali sono inoltre obbligate a rendere noti gli esiti e le risultanze dei controlli a cui sono state soggette. Questo obbligo di comunicazione è da effettuarsi nei riguardi dei soci, dei lavoratori e degli altri soggetti interessati all’attività dell’impresa. Il rispetto di questi obblighi di comunicazione è verificato nel corso dell’ispezione di controllo successiva.

Il controllo esterno ordinario sulle imprese sociali

Il controllo ordinario sulle imprese sociali ha cadenza annuale. Per le imprese sociali neo-costituite il controllo avviene nell’anno successivo a quello di costituzione.

I controlli sulle imprese sociali non cooperative sono svolti dall’Ispettorato nazionale del lavoro mentre per le cooperative continuano ad essere svolte dal Ministero dello Sviluppo Economico (ora Ministero delle Imprese e del Made in Italy - Mimit).

Per i controlli sulle imprese sociali non cooperative, il Ministero del Lavoro può avvalersi di associazioni riconosciute a cui aderiscano almeno 1000 imprese sociali presenti sul territorio di almeno 5 regioni o province autonome. Attraverso apposite procedure, le Centrali Cooperative già esistenti possono essere riconosciute ai fini dei controlli alle imprese sociali non cooperative a loro iscritte.  Alle stesse associazioni il Ministero può comunque decidere di affidare i controlli anche su quelle imprese sociali che non siano iscritte ad alcuna di esse.

I controlli ordinari sulle imprese sociali aderenti ad associazioni sono svolti da queste tramite propri ispettori incaricati qualificati. Essi, nel corso delle attività di controllo, hanno lo status di incaricati di pubblico servizio.

Il controllo ordinario avviene su tutti gli aspetti che qualificano le imprese sociali. Esso è esercitato nell’interesse pubblico e non è sostitutivo di altre forme ispettive previste da normative diverse quali es. lavoro, sicurezza, privacy, ambiente, ecc. Oggetto di controllo sono dunque i requisiti che permettono all’impresa sociali di potersi qualificare come tale e investono in particolare il perseguimento delle finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale, lo svolgimento in via principale di attività di impresa di interesse generale, la non distribuzione degli utili, ecc.

L’attività di controllo si avvia entro 30 giorni dall’incarico ricevuto e si conclude entro i successivi 90 giorni. Qualora non siano riscontrate irregolarità il verbale di controllo registrerà l’assenza di rilievi; qualora invece vi siano rilievi il verbale ne riscontrerà contenuti e caratteristiche e indicherà una diffida alla regolarizzazione della situazione. Ricevuta la diffida, la regolarizzazione da parte dell’impresa sociale deve avvenire entro il termine in essa indicato e ne viene data attestazione dal controllore entro 30 giorni.

Il controllo esterno straordinario sulle imprese sociali

I controlli straordinari sono disposti dal Ministero del Lavoro in due circostanze:

1) quando siano necessari approfondimenti dei controlli già effettuati in via ordinaria per verifiche a campione o per esposti ricevuti da soci o altri privati o pubbliche amministrazioni;

2) quando, anche per altri motivi, il Ministero ne ravvisi la necessità.

L’ispezione per il controllo straordinario deve essere completata entro 90 giorni dal primo accesso e, come per i controlli ordinari, prevede la produzione di un verbale contenente eventuali diffide. La diffida indicherà le situazioni di irregolarità e l’invito alla messa in regola entro un termine congruo.

Le irregolarità sanabili entro il termine indicato in diffida (non meno di 30 giorni, non più di 90) devono essere prese in carico dagli amministratori dell’impresa sociale che daranno traccia di quanto fatto per regolarizzare la posizione dell’impresa.

Qualora ciò non avvenga, cioè l’impresa non sani le sue irregolarità, il controllore proporrà al Ministero la nomina di un commissario ad acta oppure la comunicazione della perdita della qualifica di impresa sociale con la conseguente devoluzione del patrimonio. È solo il caso di ricordare che la devoluzione del patrimonio, nei termini previsti dalla legge, avviene obbligatoriamente a favore del fondo di promozione delle imprese sociali o, in mancanza alla Fondazione Italia Sociale e che la comunicazione della perdita della qualifica viene effettuata dal Ministero del Lavoro, entro 10 giorni, all’Agenzia delle entrate e alla Camera di Commercio ove è iscritta l’impresa per le opportune cancellazioni.

La nomina del Commissario viene proposta al Ministero dal controllore anche nel caso in cui vi sia stata l’impossibilità di effettuare il controllo per comportamenti ostativi da parte dell’impresa sociale. Però, se l’impossibilità di effettuare il controllo è determinata dall’irreperibilità dell’impresa sociale, il controllore proporrà al Ministero direttamente la perdita della qualifica di impresa sociale con le conseguenze già viste sopra.

In caso di irregolarità non sanabili invece il controllore propone direttamente nel verbale trasmesso al Ministero, l’adozione del provvedimento di perdita della qualifica di impresa sociale.

Il controllore oltre ai provvedimenti di cui sopra, può proporre all’impresa sociale anche alcune raccomandazioni in particolare ad es. sulle modalità di partecipazione democratica di lavoratori e di altri soggetti al governo dell’impresa stessa.

Infine, nel caso in cui il controllore dovesse rilevare una situazione di potenziale insolvenza richiede al tribunale competente l’accertamento della stessa, al fine della adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.

Alcune conclusioni

In sintesi, i controlli esterni sulle imprese sociali svolgono, assieme a quelli svolti in via ordinaria dagli organi interni, un ruolo cruciale nel promuovere la trasparenza di queste organizzazioni. La correttezza e la trasparenza finanziaria, una buona governance democratica e la verifica indipendente sono tutti strumenti essenziali per garantire che le imprese sociali operino in modo etico, responsabile ed efficace nel raggiungimento dei propri obiettivi sociali. L’implementazione di controlli adeguati infatti non solo contribuisce a costruire fiducia tra gli stakeholder, ma promuove anche una maggiore sostenibilità e la capacità di generare un impatto duraturo nella comunità.

© Foto in copertina di Massimo Marazzini, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"

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