Patrimonio – Trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda

La riforma del Terzo settore introduce un complesso di previsioni volte a salvaguardare l’effettiva non lucratività degli enti del Terzo settore (Ets) e nello specifico a evitare che il patrimonio accumulato grazie agli utili annualmente realizzati – anche grazie alle agevolazioni connesse sulla base del fatto che l’ente sia qualificato come impresa sociale – e che nel corso del tempo lo hanno alimentato, venga ad un certo punto fruito privatamente da un qualsivoglia soggetto.

Alle misure che riguardano le limitazioni sugli impieghi degli avanzi di gestione e quelle per evitare la distribuzione implicita degli utili, si aggiungono le norme che regolano la destinazione del patrimonio sia in caso di cessazione dell’impresa sociale, sia di sua fusione o trasformazione.

La normativa punta a evitare che l’utile non distribuito e accumulato come patrimonio, sia in un secondo momento diviso e magari trasferito ad enti lucrativi.

COME FUNZIONA

I casi in cui tutelare la non lucratività che riguardano la destinazione del patrimonio sono riconducibili a due tipi di situazioni.

La prima riguarda i casi in cui una impresa sociale è sottoposta a trasformazione, fusione o scissione:

  • trasformazione: quando una impresa sociale sceglie di cambiare statuto e di trasformarsi in un’impresa for profit; in assenza di specifiche previsioni, il patrimonio accumulato grazie alle agevolazioni diventerebbe da quel momento divisibile;
  • fusione: è il caso di un’impresa sociale che, nel corso degli anni ha accumulato patrimonio grazie agli utili via via girati a riserva, che sceglie di fondersi facendosi incorporare da un’impresa for profit; in assenza di specifiche previsioni, avverrebbe che il patrimonio accumulato anche grazie alle premialità di cui l’impresa sociale gode per il fatto di perseguire un interesse generale, sarebbe incorporato da una impresa for profit che in qualsiasi momento avrebbe titolo di conferirlo agli azionisti;
  • scissione: quando si attua uno spin off di una delle attività dell’impresa sociale creando una nuova società for profit che eredita una delle attività o anche nel caso di cessione di un ramo di un’attività sviluppatisi grazie al regime agevolato di cui l’impresa sociale gode, viene venduto ad una impresa for profit.

In tutti questi casi va dunque previsto che, laddove per qualsiasi motivo l’impresa sociale subisce alterazioni che ne modificano il carattere non lucrativo, il patrimonio sino a quel momento accumulato non possa essere trasferito ad un soggetto che poi avrebbe titolo di dividerlo.

È stato emanato, inoltre, un apposito decreto ministeriale (decreto ministeriale 27 aprile 2018 n. 50) per assicurare che la trasformazione, la fusione e la scissione delle imprese sociali siano realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio, in sostanza devolvendo il patrimonio (o la parte di esso collegata ad attività che da quel momento in poi assumono forma lucrativa) ad altri enti del Terzo settore o a fondi per lo sviluppo del Terzo settore.

L’impresa interessata alla trasformazione dovrà quindi notificare al Ministero del Lavoro con un anticipo di almeno 90 giorni rispetto alla data in cui è prevista la deliberazione dell’operazione, l’intenzione di procedere ad una delle operazioni straordinarie sopra citate, allegando la documentazione necessaria ad evidenziare la correttezza dell’operazione e indicando altresì i beneficiari della devoluzione del patrimonio.

Il Ministero del Lavoro potrà quindi autorizzare l’operazione laddove non individui profili di scorrettezza. Qualora il Ministero del Lavoro non si esprima entro 90 giorni dalla richiesta, opera lo strumento del silenzio-assenso e quindi l’autorizzazione si ritiene concessa.

Il secondo caso riguarda la scelta dell’impresa sociale di cessare l’attività; in questo caso va assicurato che – fatte salve le forme di distribuzione degli utili che la legge prevede – il restante patrimonio sia devoluto ad altri enti del Terzo settore o a specifici fondi, sulla base di quanto previsto dallo statuto.

CHI COINVOLGE/CHI ESCLUDE

Le previsioni sopra elencate riguardano le imprese sociali. Le società cooperative (sociali e non) in caso di trasformazione seguono la disciplina per loro prevista dal codice civile, peraltro analoga a quella delle imprese sociali.

CASI SPECIFICI

Le società cooperative seguono la propria disciplina; rispetto agli enti religiosi, per questo aspetto (come per molti altri), si rimanda allo specifico regolamento dell’ente, che dev’essere comunque coerente con l’impianto del decreto legislativo sulle imprese sociali.

OBBLIGHI E DIVIETI

Il senso generale di queste previsioni nasce, come sopra evidenziato, dall’intento del legislatore di vietare una distribuzione privatistica del patrimonio accumulato grazie all’attività di imprenditorialità sociale e ai benefici di cui essa gode.

COSA CAMBIA/COSA INTRODUCE

La normativa in questione ricalca quanto previsto da quella preesistente.

NORMATIVA E ATTI DI RIFERIMENTO

Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”: art. 12

Decreto ministeriale 27 aprile 2018 n. 50 “Disposizioni in materia di trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio da parte delle imprese sociali”

Nota n. 8115 del 14 agosto 2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con oggetto “Società a responsabilità limitata semplificata e impresa sociale. Quesito”

ABROGAZIONI

La riforma abroga nel suo complesso il previgente decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155 “Disciplina dell’impresa sociale”, che su questo aspetto conteneva comunque all’art. 13 previsioni molto simili.

ENTRATA IN VIGORE

La disciplina patrimoniale delle imprese sociali è pienamente in vigore dal 3 agosto 2017.

La scheda è aggiornata a giugno 2022.

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