Il caso dell’impresa sociale sportiva

Le società sportive dilettantistiche possono assumere anche la veste di impresa sociale atteso che si tratta, in entrambi i casi, di soggetti senza scopo di lucro e, in entrambi i casi, è previsto, come oggetto sociale, l’“organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche” (art. 2 del dlgs 112/2017).

Le società sportive dilettantistiche interessate dovranno dimostrare di esercitare in via stabile e principale una o più attività d’impresa di interesse generale. Accanto alle attività sportive dilettantistiche (qualificate ex lege come di interesse generale) potranno pertanto organizzare ulteriori attività come, a mero titolo esemplificativo:

  • le prestazioni sociosanitarie di cui al dpcm del 14 febbraio 2001, tra cui l’attività di ginnastica riabilitativa o l’utilizzo dell’attività equestre non in un’ottica didattico-sportiva o agonistica ma in un’ottica riabilitativa;
  • l’organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, come l’organizzazione di eventi e di occasioni di socializzazione;
  • l’organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, tra cui vi può rientrare il cosiddetto turismo sportivo;
  • la formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo ed al contrasto della povertà educativa, come i servizi dopo-scuola da abbinare alla pratica sportiva.

Si pensi a quelle discipline che utilizzano tecniche di rilassamento muscolare che potrebbero essere proposte in progetti all’interno di istituti penitenziari: dette attività non sono espressamente contemplate nell’elenco delle discipline sportive riconosciute ma potrebbero rientrare nelle attività culturali di interesse sociale o nelle prestazioni sociosanitarie a seconda delle modalità di realizzazione.

Esistono poi realtà che abbinano all’attività sportiva anche attività riabilitative e fisioterapiche a carattere sociosanitario: dette realtà potrebbero aprire una riflessione rispetto alle opportunità di qualificarsi come imprese sociali.

Sono potenzialmente interessate ad assumere tale qualifica:

1) le società che svolgono anche servizi non sportivi purché di interesse generale;

2) le società che intendono accedere a contributi pubblici diretti all’imprenditoria sociale, atteso che viene sancito che solo gli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) lo potranno fare in via continuativa (art. legge 106/2016);

3) le società interessate ad essere coinvolte nei processi di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, che vedono il coinvolgimento dei soggetti iscritti nel Runts (ex art. 55 dlgs 117/2017, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale 131/2020);

4) le società che potrebbero avere dei finanziatori interessati ad investire nel capitale    sociale (ex art. 18 del dlgs 112/2017), come di seguito evidenziato.

Tutte le società sportive dilettantistiche possono qualificarsi come imprese sociali?

La risposta è no. Sicuramente non possono assumere tale qualifica le società sportive dilettantistiche che svolgono anche attività diverse da quelle di interesse generale quando i relativi introiti siano pari o superiori al 30% dei ricavi complessivi dell’impresa sociale.

Si evidenzia come sia stata prevista la possibilità per gli enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali di non computare – ai fini del rapporto tra ricavi da attività diverse e totale dei ricavi – i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive a condizione che tali proventi siano impiegati in attività sportive dilettantistiche (art. 4 della Legge 4 luglio 2024, n.104). Si ritiene pertanto opportuna una modifica della norma che armonizzi la disciplina delle imprese sociali sportive agli enti del Terzo settore sportivi.

È necessario poi esaminare la compagine sociale.

Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica (vincolo che non si configura invece ad oggi per le società sportive dilettantistiche), le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati.

Del pari non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un’impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con scopo di lucro e le amministrazioni pubbliche. Per attività di direzione, coordinamento e controllo si intende, ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile, quella svolta dal soggetto che dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria o che abbia, in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa, la possibilità di influenzarla. Sul tema il Ministero del Lavoro nella  nota n. 4096 del 3 maggio 2019 ha chiarito che il legislatore intendeva escludere a monte la possibilità che soggetti aventi natura e finalità incompatibili con quelle proprie dell’impresa sociale fossero in grado, anche solo potenzialmente, di distogliere l’impresa sociale dal perseguimento delle proprie finalità originarie.

In tale condizione si potrebbe trovare per esempio la società sportiva dilettantistica che presenti al proprio interno come socio una immobiliare con cui ha stipulato un contratto in virtù del quale fruisce dell’impianto sportivo e della relativa attrezzatura e che detenga la maggioranza dei voti proporzionalmente al patrimonio conferito.

Non è stata invece ancora risolto il dubbio in merito alla possibilità – o meno – per le società sportive dilettantistiche (così come per le imprese sociali sportive) di ottenere l’iscrizione nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche quando formate – in via parziale o esclusiva – da soggetti collettivi.

Il regolamento di funzionamento del registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche prevede infatti che non possano iscriversi le “associazioni/società di secondo livello o ad esse assimilabili”, prevedendo “al solo fine esemplificativo e non esaustivo” che “sono associazioni/società di secondo livello quelle che: 1) svolgono attività di affiliazione o aggregazione per conto dell’Organismo sportivo di affiliazione; 2) organizzano attività sportiva, didattica e/o formativa in proprio o per conto dell’Organismo sportivo di affiliazione, ad eccezione dei casi di affidamento operativo temporaneo per singoli eventi la cui titolarità appartenga o sia riconosciuta dall’Organismo sportivo medesimo; 3) esercitano attività amministrativo contabile, attività correlata alla giustizia sportiva o altra attività di puro servizio dell’Organismo sportivo di affiliazione”.

Si evidenzia che il Rasd ha ad oggi contestato l’iscrizione di associazioni sportive dilettantistiche che presentano nella propria compagine enti collettivi ritenendo che tale circostanza vada a qualificare il sodalizio come organizzazione di secondo livello, non si ha contezza di analoghe contestazioni in capo alle società sportive così come non si ha contezza in merito alla circostanza che non siano iscritte nel Rasd associazioni di promozione sociale che presentino tra i propri aderenti altri enti collettivi senza scopo di lucro (sempre nei limiti indicati dal codice del Terzo settore) così come imprese sociali.

Sul tema si attendono chiarimenti dal Dipartimento per lo Sport.

Le premesse

Un nodo cruciale nella valutazione se assumere la doppia veste è rappresentato dal rapporto tra fiscalità delle società sportive dilettantistiche e fiscalità dell’impresa sociale. Come si possono rapportare? Le imprese sociali iscritte nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche accedono alle agevolazioni fiscali previste per le società sportive dilettantistiche? Vi accedono sempre e comunque o solo se statutariamente si qualificano come società sportive dilettantistiche?

Su questi aspetti si attendono chiarimenti da parte delle amministrazioni competenti.

Le agevolazioni fiscali specifiche delle imprese sociali

È previsto che le imprese sociali possano:

    1. detassare gli utili destinati a riserve, anche a copertura perdite, mentre risulta imponibile qualsiasi forma di distribuzione di utili ai soci anche sotto forma di aumento gratuito del capitale sociale, o sotto forma di erogazioni liberali in favore di altri Ets diversi dalle imprese sociali;
    2. garantire incentivi fiscali a chi investe nel capitale sociale di imprese sociali costituite in forma societaria, anche cooperativa sociale, purché abbia acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. In particolare:

– le persone fisiche possono detrarre dall’imposta lorda un importo pari al 30% della somma investita, non superiore in ogni caso al milione di euro in ciascun periodo d’imposta;

– per i soggetti passivi Ires, non concorre invece alla formazione del reddito il 30% della somma investita che, in ciascun periodo d’imposta, non può essere superiore ad un milione e ottocento mila euro.

In entrambi i casi l’investimento non può essere ceduto prima di cinque anni, pena la decadenza dal beneficio e quindi l’obbligo di restituire quanto detratto unitamente agli interessi;

    1. offrire quote o azioni della società attraverso portali telematici dedicati (cosiddetto equity crowdfunding) con la opportunità quindi di raggiungere potenzialmente un pubblico ampio anche se l’investimento pro capite resta modesto.

Sui punti 2 e 3 la Direzione concorrenza della Commissione europea ha però espresso la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti per cui restano soggette ad autorizzazione le disposizioni relative alle agevolazioni fiscali in capo a chi investe nell’impresa sociale di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 18 del dlgs 112/2017.

La disciplina fiscale delle imposte dirette per le SSD

Le società sportive dilettantistiche applicano le medesime agevolazioni previste per le associazioni sportive dilettantistiche (art. 90 della legge 289/2002). In particolare, ancorché enti commerciali, non considerano commerciali le seguenti entrate:

    1. le quote di iscrizione ad attività didattiche, formative, di allenamento e a manifestazioni competitive/agonistiche di discipline sportive espressamente riconosciute dall’ordinamento sportivo da parte di associati, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (ex art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi). Tecnicamente la disposizione in commento potrebbe essere applicata alle imprese sociali società sportive dilettantistiche perché il codice del Terzo Settore ha escluso l’applicazione dell’art.148 del Tuir esclusivamente agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali” (art. 89 Cts);
    2. per le associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno optato per il regime di cui alla legge 398/1991, i proventi derivanti da un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno, per un importo complessivamente non superiore a 51.645,69 euro (agevolazione applicata anche alle SSD come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 21/E del 2003, par. 3.1.1.), legato a:

a) i proventi realizzati “nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali”;

b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all’articolo 143, comma 3, lettera a) del Tuir (raccolta pubblica di fondi effettuata in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione) soggetti a rendicontazione, ai sensi dell’art. 25 della legge 133/1999, agevolazione in entrambi i casi subordinata alla circostanza che le attività commerciali siano strutturalmente funzionali alla manifestazione sportiva dilettantistica e vengano rese in concomitanza con lo svolgimento della manifestazione stessa.

Sarebbe opportuno un chiarimento in merito all’estensione dell’art. 25 della Legge 133/1999 agli enti del Terzo settore iscritti al Rasd ma anche un chiarimento sull’abrogazione o meno di tale disposizione a decorrere dal primo gennaio 2026. Si ricorda, infatti, che il decreto legislativo del 24 marzo 2025 n. 33, al suo articolo 241, sembra abrogare – con effetto dal 1° gennaio 2026 – l’articolo 25 della legge 133/99. Sembra perché in realtà lo stesso articolo sancisce che “Salvo che sia diversamente previsto dal presente testo unico e fuori dei casi di abrogazione per incompatibilità, quando leggi, regolamenti, decreti, o altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate dal comma 1, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni del presente testo unico”. Ebbene l’art. 46 del decreto legislativo del 24/03/2025 n. 33 si occupa esclusivamente del primo comma dell’art. 25 della legge 133/1999 – relativo alla fiscalità dei redditi diversi – e non dell’articolo 25 nella sua interezza per cui si suppone che volessero abrogare esclusivamente il primo comma dell’art. 25 e non la disposizione in commento. Si resta in attesa di chiarimenti in materia.

La disciplina ai fini IVA

Si rinvia a quanto previsto nel capitolo 4.3, evidenziando che nulla osta ad applicare il regime di esenzione Iva relativamente ai servizi sportivi, ex art. 36bis del dl 75/2023 e il regime di non assoggettamento ad Iva ex art. 4 del dpr Iva, quando i servizi sono destinati a tesserati e ad altre organizzazioni sportive facenti parte del medesimo organismo sportivo.

Le SSD imprese sociali possono applicare il regime di cui alla Legge 398?

Il codice del Terzo settore ha escluso l’applicazione della legge 398/1991 esclusivamente per gli “enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali” (art. 89 Cts).

L’applicazione del regime forfettario di cui alla legge 398 riguarderebbe in ogni caso, secondo l’interpretazione restrittiva adottata dall’Agenzia delle entrate con la Circolare 18/2018, le sole attività commerciali connesse a quelle sportive per cui è opportuno riflettere su tale scelta.

Le altre agevolazioni – non solo fiscali – specifiche per le ASD e SSD

Su diversi aspetti si attendono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate atteso che le agevolazioni su alcuni tributi non sono previste in capo agli enti del Terzo settore quando assumono la qualifica di impresa sociale ma beneficiano dell’agevolazione nella misura in cui si qualificano come associazione o società sportiva dilettantistica.

È il caso di:

1) imposta di bollo. L’articolo 82 del dlgs 117/2017 prevede l’esenzione dal tributo per gli enti del Terzo settore ma fatta eccezione per le imprese sociali costituite in forma societaria. Le società sportive dilettantistiche però beneficiano dell’esenzione su “1. Atti, documenti, istanze, contratti nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti (…) dalle federazioni sportive, dagli enti di promozione sportiva e dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciuti dal CONI” nonché sulle ricevute/fatture emesse nei loro confronti. Alle imprese sociali sportive dilettantistiche l’agevolazione si applica o meno?

2) concessioni governative. Anche in questo caso il codice del Terzo settore prevede l’esenzione ma non per le imprese sociali costituite in forma societaria mentre le società sportive dilettantistiche beneficiano, di tale agevolazione ai sensi dell’art. 13-bis, comma 1, del dpr n. 641/72. Alle imprese sociali sportive dilettantistiche l’agevolazione si applica o meno? Devono anche essere società sportive dilettantistiche?

3) quale sarà il regime della ritenuta sui contributi erogati dagli organismi sportivi affilianti? Anche con riferimento ai contributi diretti a imprese sociali operanti in ambito sportivo, iscritte nel registro Rasd, questi non saranno assoggettati alla ritenuta a titolo di acconto del 4%? Sul fronte enti del Terzo settore si ritiene che opererà il non assoggettamento alla ritenuta del 4% dei contributi pubblici solo quando il beneficiario è ente del Terzo settore non commerciale e ciò in virtù dell’art.89 del codice del Terzo settore ai sensi del quale “Si intendono riferite agli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’articolo 82, comma 1, le disposizioni normative vigenti riferite alle ONLUS in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto”, tra le quali si annovera l’art.16 del dlgs 460/1997, ai sensi del quale “Sui contributi corrisposti alle ONLUS dagli enti pubblici non si applica la ritenuta di cui all’articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”;

4) potranno assoggettare atti costitutivi e di trasformazione ad imposta di registro in misura fissa?

5) beneficeranno dell’esenzione – contemplata dall’art.90, comma 11bis dell’art. 90 della legge 289/2002 – dall’imposta comunale sulla pubblicità (art. 1, comma 128, della legge 23 dicembre 2005, n. 266), sulla pubblicità realizzata in impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore a tremila posti?

Su tale tema sarebbe inoltre necessario chiarire se l’esenzione opera con riferimento ad ogni attività pubblicitaria – come si ritiene dall’interpretazione letterale del dettato normativo e dalla prassi (nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 3 aprile 2007) – o se si applichi esclusivamente con riferimento alla pubblicità relativa alle attività realizzate dalle associazioni e società sportive che operano all’interno di quell’impianto sportivo (come sostenuto dalla Corte di cassazione, V Sezione civile, nella Ordinanza n. 2184/2020);

6) gli sponsor delle imprese sociali sportive potranno beneficiare della presunzione assoluta della natura pubblicitaria del costo sostenuto e quindi della sua integrale deducibilità con riferimento alle sponsorizzazioni afferenti all’attività sportiva?

7) l’esenzione Imu è ordinariamente contemplata, al verificarsi di determinati presupposti che attengono anche alla circostanza di svolgere l’attività con modalità non commerciale, esclusivamente in capo ad alcuni enti non commerciali. Questa estate è stata affermata la possibilità di beneficiare di tale agevolazione anche in capo alle società sportive dilettantistiche. È stato infatti previsto con la conversione in legge del dl del 17 giugno 2025 n. 84 (art.6 bis recante disposizioni in materia di esenzione dall’imposta municipale propria per lo svolgimento di attività sportive) che, ai fini dell’esenzione Imu, saranno i Comuni a fornire i parametri necessari a verificare se una data attività è svolta o meno con modalità commerciale, analizzando i corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale e che nelle more dell’adozione di tali delibere comunali, per le associazioni e società sportive dilettantistiche rileva la sola iscrizione nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche. Ci si chiede se l’agevolazione si applichi anche alle imprese sociali iscritte nel Rasd che non siano anche società sportive dilettantistiche;

8) ci si chiede se l’impresa sociale sportiva che non acquisisce espressamente anche la qualifica di società sportiva dilettantistica possa – o meno – accedere agli istituti di collaborazione con la pubblica amministrazione previsti dal dlgs 38/2021 ancorché diretti esclusivamente ad associazioni e società sportive dilettantistiche, quali la possibilità di:

a)  presentare all’ente locale un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria per la rigenerazione, riqualificazione e ammodernamento di un impianto sportivo, diventando affidataria diretta dell’impianto, con gestione gratuita, per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell’intervento e comunque non inferiore a cinque anni se l’ente locale riconosce l’interesse pubblico del progetto (art. 5);

b) qualificarsi come affidataria privilegiata di impianti sportivi nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestirli direttamente (di cui all’art.6);

c) essere qualificata come beneficiaria dell’utilizzo di palestre, aree di gioco e impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari (di cui all’art.6).

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