La fiscalità degli enti del Terzo settore sportivi

Sotto il profilo della fiscalità degli enti non commerciali che si qualificano come enti del Terzo settore, si rende necessario distinguere tra imposte dirette ed Iva mentre con riferimento alle imposte indirette diverse trovano applicazione le disposizioni contenute dall’articolo 82 del codice del Terzo settore dal primo gennaio 2018.

a) Le imposte dirette

Con riferimento alle imposte sui redditi, le nuove regole troveranno applicazione dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025.
Come noto, l’entrata in vigore di alcune disposizioni fiscali relative agli enti del Terzo settore era subordinata all’autorizzazione da parte della Commissione europea (art. 104 del dlgs 117/2017 e art. 18 del dlgs 112/2017). Non è arrivata detta autorizzazione ma un parere – preliminare – della Direzione generale della concorrenza secondo cui le disposizioni in questione non si configurano come aiuti di Stato, ritenendo comunque necessario effettuare approfondimenti sull’istituto dei titoli di solidarietà e sulle agevolazioni fiscali previste per chi investe in imprese sociali.

Attestata la circostanza che non si tratta di aiuti di Stato, il Governo ha modificato il codice del Terzo settore ed il decreto sull’impresa sociale con due effetti:

  • non è più richiesta l’autorizzazione, se non con riferimento alle disposizioni sopra citate su cui sono richiesti approfondimenti;
  • la decorrenza di tali disposizioni non è più prevista a decorrere dall’esercizio successivo all’avvenuta autorizzazione ma a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2025. Ne consegue che gli enti con esercizio solare applicheranno la nuova normativa a partire dal primo gennaio 2026 mentre gli enti, ad esempio, con esercizio 1° settembre/31 agosto, la applicheranno a partire dall’esercizio che inizia il primo settembre 2026. La decorrenza dell’entrata in vigore produce effetti anche sull’opzione per regimi forfettari: si ricorda che gli enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali non potranno utilizzare più il regime di cui alla legge 398/1991 ma potranno optare per il regime forfettario di cui all’articolo 80 del codice del Terzo settore, che non prevede però forfetizzazione dell’Iva, o, nel caso di organizzazioni di volontariato ed associazioni di promozione sociale, per il regime di cui all’articolo 86 del Cts che, analogamente al regime dei forfettari, prevede la non applicazione dell’Iva (con esonero dei relativi adempimenti) mentre la liquidazione delle imposte si fonda anche in questo caso sul cosiddetto coefficiente di reddittività del 3%, abbassato all’1% per le organizzazioni di volontariato.

Tale regime forfettario è opzionabile “se nel periodo d’imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea in sede di rinnovo della decisione in scadenza al 31 dicembre 2019 o alla soglia che sarà eventualmente armonizzata in sede europea”. Non essendo intervenuta espressa autorizzazione per l’applicazione di tale regime a chi non supera i 130.000 euro di ricavi commerciali, si ritiene applicabile detto regime per chi non supera gli 85.000 euro, plafond su cui l’Unione europea si è già espressa in termini positivi. Tale criterio ha trovato conferma nello “schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e imposta sul valore aggiunto – Atto n. 295”, di recente approvato dal Consiglio dei Ministri.

b) L’Iva

Con riferimento invece all’imposta sul valore aggiunto, si ricorda che gli enti associativi potranno continuare ad applicare l’articolo 4 del decreto Iva, con il conseguente non assoggettamento ad Iva dei corrispettivi specifici inerenti alle attività istituzionali quando erogati da associati e figure assimilate.
Era prevista la decadenza da tale agevolazione al 1° gennaio 2026, data di entrata in vigore dell’art. 5 del dl 146/2021. A seguito delle sollecitazioni presentate in Commissione nel corso dell’esame dello “schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e imposta sul valore aggiunto – Atto n. 295, è stata introdotta nel provvedimento di recente approvato dal Consiglio dei Ministri. la proroga decennale dell’entrata in vigore della nuova disciplina Iva sollecitata dal viceministro all’economia e finanze Leo.

Non si rende pertanto ora necessario aprire la partita Iva per gli enti non commerciali di tipo associativo – che si qualifichino come associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona – quando percepiscono corrispettivi specifici per attività effettuate in conformità alle finalità istituzionali esclusivamente da:

    1. soci, associati o partecipanti,
    2. associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dai rispettivi associati o partecipanti e
    3. tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.

La disciplina delle imposte dirette

Si propone qui una sintesi del trattamento fiscale agevolato delle associazioni di promozione sociale, distinguendo quello attuale, definito dall’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi, rispetto a quello che sarà a regime ai sensi dell’art. 85 del codice del Terzo settore. Il codice del Terzo settore prevede infatti che gli enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali non possano più applicare il menzionato art. 148 del Tuir.

Ai fini delle imposte dirette, è possibili distinguere tra:

    1. agevolazioni invariate;
    2. agevolazioni che cambiano;
    3. nuove agevolazioni.

A) LE PREVISIONI CHE RIMANGONO INVARIATE:

Non concorrono alla formazione del reddito imponibile:

  • le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi;
  • i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti,
  • le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;
  • i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

B) LE PREVISIONI CHE CAMBIANO CON IL NUOVO REGIME:

REGIME ATTUALE ART. 148 TUIR

REGIME FUTURO ARTT. 85 E 79 CTS

le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. La legge 383/2000 estendeva il beneficio ai ricavi percepiti dai famigliari conviventi degli associati

le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al 70% percento da Ets;

per le Aps le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno,

    • la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale e
    • l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici

sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

per le Aps le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno,

    • la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale e
    • l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici

purché (vincolo già operativo in diverse regioni) siano attività complementari e non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti diversi dagli associati;

i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all’articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi.

i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche per lo svolgimento, anche convenzionato o in regime di accreditamento, delle attività di interesse generale.

C) LE NUOVE PREVISIONI INTRODOTTE DAL CODICE DEL TERZO SETTORE:

  • le entrate derivanti dallo svolgimento di attività di interesse generale, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche (…), quando svolte con modalità non commerciali, ossia dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi (salva la possibilità di considerarli non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 6% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi), tenuto anche conto degli apporti economici delle Pubbliche Amministrazioni e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento;
  • la vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato;
  • entrate relative ad ambiti di ricerca scientifica di particolare interesse sociale, difficilmente riscontrabile in questo settore.

La disciplina Iva

A seguito di una procedura di infrazione della Commissione europea nei confronti del nostro paese, è stata prevista la parziale abrogazione dell’art. 4 del dpr Iva – che oggi garantisce il non assoggettamento ad imposta di alcuni corrispettivi – e la contestuale modifica dell’art. 10 del dpr Iva – con la qualificazione di alcuni dei servizi oggi non soggetti a Iva ex art. 4 come servizi esenti Iva al verificarsi di determinati presupposti.

In virtù della proroga decennale dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, le associazioni continueranno ad applicare l’articolo 4 del dpr Iva ma può essere sempre utile dare uno sguardo al futuro.

Uno sguardo al futuro

Si evidenzia come i due regimi, al di là dei differenti adempimenti che implicano in termini contabili e fiscali, non presentano le medesime agevolazioni.

REGIME ATTUALE EX ART. 4 DPR IVA

REGIME FUTURO EX ART. 10 DPR IVA

Si considerano fatte nell’esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.

L’esenzione dall’imposta si applica inoltre alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’Iva:

q)  le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

q)  le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

q)  Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287. le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, non si considera commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché’ tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel secondo periodo del quarto comma.

q)  la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività.

Nel nuovo quadro normativo non rientrerà pertanto tra i servizi esenti Iva la somministrazione di alimenti e bevande che resta agevolata esclusivamente ai fini delle imposte dirette (art. 85 del codice del Terzo settore), per le associazioni di promozione sociale (ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287) le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, al verificarsi di determinati presupposti. Viene introdotto il regime di esenzione iva nel solo caso di somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti.

Il legislatore ha quindi previsto per tale attività l’applicazione delle agevolazioni in materia di imposte dirette ma non in materia di Iva esattamente come già previsto per l’organizzazione e gestione di attività turistiche soggette ad Iva ma non ad imposte dirette.

In questo lasso temporale concesso dalla proroga sull’IVA sarebbe auspicabile comprendere se sia in ogni caso possibile beneficiare del regime di esenzione IVA come forma di autoconsumo.

Resta inoltre da chiarire se l’attività di somministrazione di alimenti e bevande possa considerarsi come attività di interesse generale, in quanto strettamente funzionale alle attività di interesse generale, oppure possa essere esercitata esclusivamente nei limiti della secondarietà atteso che non è espressamente menzionata all’articolo 5 del Codice del terzo settore.

È stata poi introdotta una disposizione che ha contemplato l’esenzione Iva dei servizi sportivi realizzati da soggetti senza scopo di lucro. Si tratta dell’art. 36bis del dl 75/2023 in vigore dal 17 agosto 2023 ai sensi del quale

“1. Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

  1. Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si intendono comprese nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Mentre il secondo comma introduce una disposizione di interpretazione autentica, affermando la natura didattica dei servizi didatti e formativi resi dalle organizzazioni sportive nel periodo antecedente all’entrata in vigore della riforma, il primo comma prevede, a partire dal 17 agosto 2023, che determinati servizi siano esenti Iva al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • siano resi da qualsiasi organismo senza fine di lucro, ivi incluse le amministrazioni comunali (in tal senso l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta ad interpello n. 2/2025);
  • abbiano ad oggetto servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi ed incluso il noleggio dell’impianto sportivo o di una sua parte purchè il noleggio sia esclusivamente diretto allo svolgimento di attività sportive (in tal senso si ricordi la sentenza 19/12/2013, C 495/12 ma anche la risposta ad interpello n. 2/2025 dell’Agenzia delle entrate che subordina l’applicazione del regime di esenzione Iva alla circostanza che l’impianto sia utilizzato esclusivamente per lo svolgimento dell’attività sportiva, escludendolo nel caso esaminato perché l’atto concessorio prevedeva anche lo svolgimento di attività pubblicitaria);
  • siano resi a persone, anche non tesserati, ma anche ad organizzazioni in quanto i destinatari finali del servizio restano le persone fisiche (in tal senso si fa riferimento alla Corte di giustizia Comunità Europee Sez. IV, 16-10-2008, n. 253/07 e ancora alla risposta ad interpello n. 2/2025 dell’Agenzia delle entrate);

mentre non viene posto il tema di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’Iva, coerentemente con quanto previsto dalla Direttiva comunitaria con riferimento all’esenzione Iva in ambito sportivo.

È stata in ogni caso chiarita (art. 3 del dl 113/2024) la possibilità per le organizzazioni sportive di avvalersi anche del regime di non assoggettamento ad Iva ex art. 4 dpr Iva (quando la prestazione è resa a tesserati o affiliati al medesimo Eps o a FSN/DSA). Il regime di non assoggettamento ad Iva ex art. 4 dpr Iva richiede però che si tratti di attività svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali: con riferimento alla concessione degli spazi sportivi di recente l’Agenzia delle entrate nella risposta ad interpello 36/2025 ha affermato che in virtù di detto vincolo il regime agevolato si applichi solo se l’impianto noleggiato continui ad essere utilizzato direttamente dal gestore per lo svolgimento dell’attività sportiva.

La scelta – residuale – di assumere tale veste è stata adottata da sodalizi che non si limitano a promuovere l’attività sportiva dilettantistica e che non presentano i requisiti qualificanti le associazioni di promozione sociale.

Si tratta in particolare di organizzazioni costituite nella forma di fondazione che, in quanto tale, non può assumere comunque la qualifica di associazione di promozione sociale o di organizzazioni che svolgono l’attività accedendo a contributi pubblici, inclusi quelli comunitari, e che solo in misura eventuale e marginale ricevono corrispettivi dagli associati.

Si evidenzia che non potranno assumere la qualifica di ente del Terzo settore i sodalizi che sono sottoposti a direzione e coordinamento o controllo da parte di amministrazioni pubbliche per cui non potranno assumere tale veste, a titolo esemplificativo, le fondazioni costituite da enti locali per la gestione di impianti sportivi, anche laddove avessero come scopo anche la gestione ed organizzazione di attività sportive dilettantistiche.

L’accesso alle agevolazioni fiscali e alle semplificazioni contabili è legato alla circostanza che il sodalizio mantenga la qualifica di ente non commerciale, mentre la qualifica di ente del Terzo settore permane a condizione che le eventuali attività diverse da quelle di interesse generale siano svolte secondo i criteri di secondarietà e strumentalità, così come definiti nel capitolo 2.

L’articolo 79 prevede che – a decorrere dalla sua entrata in vigore – perdono la qualifica di ente non commerciale gli enti del Terzo settore qualora la somma di:

  • proventi derivanti dallo svolgimento delle attività di interesse generale che non superano i costi effettivi (determinati computando, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari) e comunque che “non superino di oltre il 6 per cento i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi”, e quindi non svolte in forma di impresa;
  • contributi, sovvenzioni, liberalità;
  • quote associative dell’ente;
  • fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
  • contributi e apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche per lo svolgimento, anche convenzionato o in regime di accreditamento delle attività di interesse generale

sia inferiore alla somma di:

  • proventi delle attività di interesse generale svolte in forma d’impresa;
  • proventi derivanti dallo svolgimento di attività diverse, fatta eccezione per le attività di sponsorizzazione da svolgersi comunque nei limiti della secondarietà.

In merito al termine di decadenza dalla qualifica di ente non commerciale, si evidenzia che questa si verifica “a partire dal periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale” ma è previsto un periodo transitorio: per i due periodi d’imposta successivi al 31 dicembre 2025 il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui avviene il mutamento di qualifica.

Qualora il sodalizio dovesse perdere la qualifica di ente non commerciale, la forma dell’impresa sociale potrebbe essere più appetibile sotto il profilo fiscale ancorché si configurino adempimenti specifici quali:

      1. la nomina dell’organo di controllo, anche monocratico, a prescindere dai volumi dell’ente;
      2. l’approvazione del bilancio sociale, a prescindere dai volumi di ricavi dell’ente;
      3. il coinvolgimento degli stakeholder con particolare riferimento ai lavoratori dell’ente.

L’assunzione della qualifica di ente commerciale, così come quella di impresa sociale, implica la decadenza dal regime di esenzione Iva di cui all’articolo 10 del dpr Iva con riferimento alle attività mutualistiche, mentre permane l’esenzione Iva relativamente ai servizi sportivi, si cui all’art.36bis del dl 75/2023, che richiede esclusivamente la natura di soggetti senza scopo di lucro.

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