Dalle attività al bilancio sociale: la riforma del Terzo settore secondo Legacoopsociali

La presidente Eleonora Vanni in un’intervista riflette sul ruolo di uno dei comparti più significativi dell’intero non profit italiano alla luce della loro natura commerciale, senza dimenticare la loro capacità di innovazione e la spinta all’allargamento della governance dettata dal nuovo impianto normativo

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Costituita nel settembre del 2005, Legacoopsociali è l’Associazione Nazionale di settore della Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue, che raggruppa le cooperative sociali costituite ai sensi della legge 381/91 e successive modificazioni nonché le imprese sociali costituite ai sensi del dl 112/2017. Rappresenta, quindi, un tassello importante della riforma del Terzo settore, in particolare lo zoccolo duro delle imprese sociali presenti in Italia. Come ribadito dalla stessa presidente Eleonora Vanni in un’intervista, il nuovo impianto normativo non ha inciso direttamente sull’ente di rappresentanza, ma ha avviato inevitabilmente riflessioni importanti sulla collocazione delle stesse cooperative sociali all’interno di un sistema di attori di Terzo settore, considerata la natura di soggetti che fanno un’attività economica commerciale.

Tre le questioni aperte dalla riforma del Terzo settore, inoltre, la differenza tra le attività che possono svolgere le cooperative sociali, rispetto a quelle autorizzate per le imprese sociali, ma anche l’apertura a forme di governance più partecipate e il tema dell’equità fra tutti i soggetti. E sul bilancio sociale, la stessa Vanni sottolinea la prontezza di un sistema che ha creato una piattaforma dedicata per aiutare anche gli enti di più piccole dimensioni a redigerlo.

In che modo la riforma del Terzo settore ha influenzato il lavoro della sua organizzazione?

Rispetto a tutto il mondo dell’associazionismo, la riforma del Terzo settore non ha influenzato più di tanto il nostro lavoro riguardo a specifici adempimenti burocratici, poiché la cooperazione sociale è impresa sociale di diritto e per questo è trasmigrata di diritto nel registro unico nazionale del Terzo settore (Runts).
Il decreto legislativo 112/2017 però ha aperto una riflessione sul tema di una nuova normativa sull’impresa sociale e anche sul ruolo che l’impresa sociale può giocare in relazione a nuove opportunità da cogliere insieme alla cooperazione sociale. Allo stesso tempo, essendo parte del Forum Nazionale del terzo Settore, abbiamo già da tempo avviato una riflessione sulla nostra collocazione all’interno di un sistema di attori di Terzo settore, vista la nostra natura di soggetti che fanno un’attività economica commerciale.
L’altro aspetto è quello dell’ampliamento delle attività della cooperazione sociale e del fatto che la cooperazione sociale, in virtù di una normativa particolare, non ha l’apertura a tutte le attività che ha invece l’impresa sociale. Per questo rimaniamo un po’ confinati nell’ambito di alcune attività e questo non ci rende particolarmente soddisfatti.

Quanto è corrispondente la definizione di ente del Terzo settore alla sua realtà?

È una definizione rispondente perché di fatto siamo imprese sociali di diritto e ancora oggi l’impresa sociale in Italia è la cooperazione sociale, al di là della crescita dei numeri delle imprese sociali iscritte al Runts. Il tema è quello di ripensarsi nell’alveo più complessivo dell’economia sociale così come ce la propone l’Europa. Sicuramente è una riflessione iniziata ma che deve andare avanti.

Il codice del Terzo settore introduce un elenco specifico di attività di interesse generale. Quali sono i confini dell’attività che svolge il suo ente e che impatto ha avuto su questo la nuova definizione legislativa?

Il mio ente di appartenenza è un’organizzazione di rappresentanza per cui questo non ha un impatto direttamente su Legacoop Sociali, ma lo ha certamente sulle cooperative sociali che rappresentiamo. C’è stato un allargamento delle attività per le cooperative sociali su temi diversi, come quello dell’istruzione, delle attività culturali con finalità educative, della sanità, eccetera. Tuttavia, ci sono tutta una serie di ambiti che attualmente non sono previsti per la cooperazione sociale e questo in qualche modo secondo noi dà l‘idea che la cooperazione sociale sia un “di cui” dell’impresa sociale. Ed è molto strano, perché in realtà ad oggi la cooperazione sociale è il soggetto principale dell’impresa sociale in Italia. Si tratta di un tema che per noi è ancora aperto perché ha impattato positivamente per quelle attività che si sono definite. La sensazione però è quella di non poter fare tutte le attività che fa l’impresa sociale, non avendo la possibilità di agire negli stessi ambiti, nonostante gli adempimenti siano gli stessi.

L’altro impatto è quello di pensare a come l’impresa sociale, anche per le attività della cooperazione, può essere uno strumento di attivazione su progetti e su attività di collaborazioni nuove; le limitazioni alla cooperazione sociale possono infatti favorire la partecipazione, creare collaborazioni anche formalizzate nell’ambito dell’impresa sociale su campi nuovi e con nuovi indirizzi.

La riforma chiede agli enti maggiore trasparenza, una grande attenzione alla accountability e alla rendicontazione sociale. Quali sono le azioni messe in campo dalla sua organizzazione in questo senso?

Molte cooperative avevano già da tempo attivato lo strumento del bilancio sociale, anche prima della riforma del Terzo settore. Noi come associazione di rappresentanza abbiamo lavorato ad una piattaforma che rispondesse alle linee guida e agli standard previsti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per la redazione del bilancio sociale, in modo da favorire soprattutto le cooperative più piccole o chi non aveva mai fatto bilancio sociale, così da diffondere il più possibile la facilitazione a questo adempimento.
Quello che abbiamo voluto fare inoltre è stato lavorare affinché questo non fosse solo l’adempimento ad un obbligo, ma un importante strumento almeno su due versanti: uno quello dell’“engagement” rispetto ai soci della cooperativa, rispetto agli utenti, rispetto alle comunità e agli stakeholder tutti, e allo stesso tempo un importante strumento di trasparenza e comunicazione.
Per il resto le cooperative sociali hanno una revisione annuale fatta dal Ministero o dalle centrali cooperative a cui sono associate e lo avranno anche le imprese sociali. Poi ci sono tutte le norme che riguardano i revisori contabili oppure i collegi sindacali in relazione alla dimensione della cooperativa sull’aspetto più amministrativo-contabile, mentre la revisione cooperativa ha il compito di verificare sostanzialmente che permangano i requisiti di mutualità, la partecipazione dei soci.

Che impatto ha avuto la riforma del Terzo settore sull’impianto organizzativo e sulla gestione della governance del suo ente?

Non ha avuto nessun grosso impatto, sia a livello nazionale, perché come detto siamo un’organizzazione di rappresentanza e non un ente del Terzo settore, sia dal punto di vista delle cooperative che rappresentiamo, perché non imponeva cambiamenti di nessun tipo. L’impatto che può avere avuto rispetto alla governance è quello di creare delle governance maggiormente partecipate, una maggiore apertura anche al territorio, anche con la creazione di imprese sociali partecipate dalle cooperative.

L’impianto fiscale è ancora un grande punto interrogativo. Che conseguenze ha nella vostra organizzazione questo stato di incertezza?

Nella nostra organizzazione ha avuto conseguenze relative, perché essendo un soggetto già normato abbiamo un impianto fiscale definito. L’incertezza è piuttosto rispetto al tema dell’impresa sociale e l’indefinitezza degli aspetti fiscali non aiuta in questo senso. Poi c’è un tema da salvaguardare che è quello dell’equità fra tutti i soggetti, e su questo abbiamo fatto un lavoro anche all’interno del Forum per trovare la quadra nel rispetto della specificità e delle diverse tipologie di enti del terzo settore.

Il registro unico nazionale del Terzo settore è operativo. Come vi siete preparati a questo passaggio?

Per noi si è trattato di una trasmigrazione d’ufficio, essendo un passaggio dalle Camere di commercio nel registro delle imprese e delle cooperative sociali al Runts. In alcune regioni c’è stata qualche difficoltà in relazione ad alcune specificità, dei malintesi, ci sono stati dei rallentamenti. Da questo punto di vista però non abbiamo dovuto fare interventi per poter essere iscritti al registro unico, poiché non era richiesta nessuna modifica né statutaria né altri cambiamenti.

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